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Secondo un'analisi della Commissione Europea, i ricercatori cinesi hanno integrato l’intelligenza artificiale (IA) nei loro lavori scientifici più rapidamente rispetto ai colleghi europei o statunitensi, rafforzando la necessità per l’UE di accelerare l’adozione di queste tecnologie nel campo della ricerca.
Il documento, intitolato “Artificial intelligence in science: promises or perils for creativity?”, monitora la crescita dell’uso dell’IA nella scienza, analizzando circa 3 milioni di pubblicazioni tra il 2000 e il 2022. I dati mostrano che la quota di articoli che utilizzano strumenti basati su IA è passata da meno del 30% nel 2010 a quasi il 40% nel 2022, con un’impennata coincidente con l’avvento del deep learning.
Dal 2016, la Cina ha registrato una crescita impressionante nel numero di pubblicazioni scientifiche assistite dall’IA, superando nettamente sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea. Nel 2022, la Cina ha prodotto oltre 25.000 articoli di questo tipo, rispetto ai circa 15.000 dell’UE e 12.000 degli USA. Anche tra gli articoli più citati, la Cina domina.
Gli autori dello studio raccomandano maggiori investimenti in finanziamenti, infrastrutture e formazione, sottolineando però che mancano ancora prove sistematiche su quali strategie siano davvero efficaci. Molte strategie nazionali sull’IA, infatti, non includono misure concrete per aiutare gli scienziati a sfruttare al meglio queste tecnologie.
A Bruxelles si moltiplicano le iniziative per stimolare l’adozione dell’IA nella scienza. Oltre a una nuova strategia in fase di consultazione, la Commissione ha annunciato la creazione di quattro gigafabbriche dell’IA, ciascuna con circa 100.000 chip, per sviluppare e addestrare nuovi modelli di intelligenza artificiale.
Inoltre, è in programma entro il 2026 il lancio di un Consiglio europeo per la ricerca sull’IA, parte del piano d’azione “AI Continent”, presentato il 9 aprile. Il piano si articola attorno a cinque priorità: infrastrutture, dati, adozione, talenti e semplificazione.
Lo studio riconosce che l’IA ha un grande potenziale nel supportare la ricerca, ad esempio facilitando l’analisi di un’enorme mole di articoli scientifici, creando nuovi dataset o automatizzando attività gestionali. Tuttavia, avverte anche dei rischi: i modelli di rete neurale sono spesso opachi nei loro processi decisionali, e potrebbero spingere i ricercatori a formulare solo ipotesi “testabili” con questi strumenti, limitando l’innovazione.
Ciononostante, i dati indicano che gli articoli scientifici supportati dall’IA sono più innovativi (con più neologismi e combinazioni di termini) e ricevono in media il 3% in più di citazioni. Il vantaggio in termini di originalità e impatto è ancora più marcato per le pubblicazioni cinesi.