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ukraine-gd84ba191c_1920L’aggressione militare russa contro l’Ucraina, sfociata in guerra nei primi mesi del 2022, ha incrinato i rapporti tra la Russia e l’Europa, che ha prontamente risposto con pesanti misure. Prima fra tutte, l’estromissione da Horizon Europe, sospendendo la cooperazione con gli enti russi nei progetti di ricerca e innovazione.

La Commissione europea ufficializzerà l’estromissione del paese con l’aggiornamento del Programma di Lavoro 2021-2022, inserendo nei General Annexes il divieto per gli enti stabiliti in Russia e Bielorussia di partecipare del tutto al programma di ricerca e innovazione. Tra le varie misure implementate si annoverano la sospensione dei pagamenti a favore di enti russi nell’ambito di contratti preesistenti, mentre i progetti in corso verranno riesaminati.

Più in generale, gli eventi dell’ultimo periodo hanno pesantemente rimescolato le priorità dell’agenda europea: stando ad alcune dichiarazioni informali, l’Unione sarebbe infatti pronta a canalizzare maggiori risorse nel settore della Sicurezza, della Difesa e dell’energia.

Le restrizioni hanno coinvolto anche le capacità tecnologiche della Russia: nel pacchetto di misure varato, l'UE intensificherà le restrizioni sui beni e le tecnologie a doppio uso per la Russia che potrebbero essere utilizzati per scopi militari. Lo stesso approccio è stato condiviso da Giappone, Stati Uniti e Taiwan. In aggiunta alla ‘fuga dei cervelli’, tali restrizioni stanno seriamente minando la crescita economica del paese russo.

L’isolamento del paese ha riguardato molteplici settori, colpendo in particolar modo la cooperazione internazionale. Ad esempio il lancio della prima sonda europea su Marte, previsto per settembre 2022 nell’ambito del progetto Exomars, finanziato dall’agenzia Spaziale Europea (ESA) in collaborazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos, è stato rimandato a data da destinarsi.

Sul fronte della ricerca, anche l’Associazione delle Università europee (EUA) ha espresso solidarietà con gli studenti e i ricercatori ucraini condannando l’aggressione russa, ma auspicando di poter continuare a collaborare con centri di ricerca russi valutando caso per caso chi incoraggia le decisioni del Cremlino nel perpetuare la guerra. Nel mese di marzo l’EUA ha infatti sospeso 12 università che hanno esplicitamente appoggiato l’invasione firmando una dichiarazione di sostegno al governo.

La linea di approccio differenziato è stata condivisa anche dalla Conferenza dei rettori Tedeschi, anche se il governo tedesco ha deciso di sospendere i progetti di collaborazione con la Russia. In effetti non tutte le università e gli enti di ricerca russi appoggiano le decisioni del governo, come dimostrato dalla lettera aperta firmata da oltre 8,000 scienziati russi.

Alcune organizzazioni universitarie, come nel caso di The Guild (organizzazione che raccoglie 21 università di ricerca europee), hanno proposto di veicolare una parte dei fondi europei per finanziare attività di ricerca in Europa a ricercatori e studenti ucraini, sospese a causa del conflitto.

La Russia, d’altro canto, sta iniziando a risentire delle molteplici sanzioni, stando alle ultime notizie: i controlli sull’esportazione diretta, le sanzioni bancarie e le interruzioni del flusso di importazione di beni, compreso lo stop di alcuni dei più grandi produttori di strumenti scientifici del mondo che hanno smesso di vendere equipaggiamento alla Russia, stanno privando il paese anche di strumentazioni e attrezzature per la ricerca.

L’importazione di strumentazioni tecnologiche potrebbe orientarsi verso i mercati cinesi, dal momento che Cina e Russia hanno mostrato di mantenere una stretta cooperazione in ambito scientifico. Infatti, il 9 marzo scorso sono state annunciate nuove call for 30-40 nuovi progetti condivisi tra le fondazioni scientifiche delle due nazioni. I problemi tuttavia permangono per la Russia, poiché la Cina, nonostante il successo nella produzione di beni di consumo tecnologico, risulta ancora debole nella produzione di strumentazione scientifica per laboratori.

#ScienceforUkraine

Iniziativa nata dai ricercatori della Coast Action nep4dissent.eu, ScienceforUkraine mira a sostenere ricercatori e studenti ucraini lanciando via social offerte di aiuto da parte di università, laboratori e centri di ricerca da tutto il mondo per studenti e ricercatori provenienti dall’Ucraina. Sul profilo Twitter e sulla mappa è possibile visionare le offerte disponibili in tempo reale.

Su Labs supporting Ukranian Scientists sono pubblicati i nomi dei laboratori che offrono fondi e supporto agli scienziati ucraini. Anche l’Italia si muove, presso la pagina del Ministero Italiano della Ricerca e dell’Istruzione sono stati pubblicati fondi, borse di studio e offerte di alloggi per la comunità scientifica ucraina.

La Commissione europea ha inoltre lanciato ERA4Ukraine, un portale nel quale ricercatori ucraini possono accedere ad informazioni e servizi di supporto, offerte di lavoro e iniziative avviate dagli Stati Membri. Lo European Research Council ha invitato i beneficiari delle borse ERC ad aprire posizioni riservate ai ricercatori in fuga dalla guerra. A breve verrà anche aggiunta una funzione sul Funding & Tender Portal che permetterà ai coordinatori dei progetti di notificare alla Commissione la disponibilità a collaborare con un ricercatore ucraino.

Studio della Commissione europea sui principali canali di impatto

In un recente studio la Commissione ha evidenziato gli impatti della guerra nel breve e medio termine sulla R&I europea soffermandosi sulle implicazioni future e ipotizzando le misure politiche che potrebbero seguire.

Nel breve termine le interruzioni delle collaborazioni scientifiche tra UE e Russia potrebbero influenzare le attività scientifiche dell’Europa, in particolare nei campi in cui la Russia è specializzata, come l’energia e le scienze naturali. D’altro canto, il progresso scientifico russo rischia di essere gravemente colpito. Il 58% delle pubblicazioni russe nel 2020, sono frutto di collaborazioni tra ricercatori russi ed europei. L’interruzione della cooperazione con UE, partner preferenziale sul fronte R&I, potrebbe dunque portare a gravi conseguenze per entrambe le parti.

L’immigrazione è un altro aspetto affrontato nello studio: alla luce dei 5 milioni di rifugiati ucraini che stanno scappando dalla guerra, diventano fondamentali le politiche migratorie UE che, indirettamente, influenzano anche le politiche di R&I europea. Il 79% della popolazione ucraina tra i 20 e i 26 anni possiede infatti una laurea e l’inserimento di una popolazione istruita nel mercato del lavoro potrebbe portare benefici ai paesi europei di accoglienza.

Allo stesso tempo, con il deterioramento delle collaborazioni di R&I tra la Russia e il resto del mondo, l'emigrazione altamente qualificata dalla Russia potrebbe contribuire alla produzione scientifica dell'UE.

Molte sono le incertezze che riguardano il panorama economico europeo: la brusca interruzione del funzionamento delle industrie ucraine così come la chiusura di imprese chiave del settore tecnologico potrebbero influenzare significativamente le catene di approviggionamento dell’UE, anche attraverso l’industria dei semiconduttori, con un impatto negativo su settori chiave quali l’automotive e l’elettronica.

L’aggressione militare contro l’Ucraina, così come la crescente instabilità geopolitica, economica e sociale nel mondo, ha risaltato l’importanza della prevenzione negli ambiti della sicurezza e della difesa. In particolare, nella sua comunicazione del marzo 2022 sul nuovo modello di crescita europeo, la Commissione ha evidenziato la necessità di rafforzare la resilienza informatica riducendo le dipendenze strategiche e aumentando gli investimenti nei settori legati alla sicurezza.

Nel lungo termine si potrebbe assistere ad una revisione della spesa pubblica degli stati europei a favore di una maggiore ricerca in ambito militare e tecnologico.

Lo studio si conclude sollevando l’importanza della ricerca come catalizzatore di pace. Molti scienziati si sono riuniti per trovare soluzioni a problematiche che attraversano i confini e i continenti affrontando tematiche come la transizione energetica, la sicurezza idrica o il cambiamento climatico, i quali potrebbero avere ripercussioni future in caso di conflitto.

REPowerEU

Il gas naturale, il carburante principale per la produzione di elettricità e calore nell’UE, è stato il carburante maggiormente importato dalla Russia. Nel 2020, l’Ue ha importato il 58% del suo fabbisogno energetico. La Russia è il principale fornitore di gas naturale, petrolio e carbone, che sono i principali prodotti energetici richiesti dall’UE. La Russia pesa per il 25% del totale delle importazioni e fornisce il 46% del gas naturale consumato dall’Unione. Per limitare la dipendenza dal fornitore russo, la Commissione Europea ha adottato la strategia REPower con l’obiettivo di eliminare la dipendenza dal gas russo entro il 2030. La Commissione ha proposto lo sviluppo di un piano che aumenterà la resilienza del sistema energetico europeo basato su due pilastri: diversificare le foniture di gas attraverso l’importazione di gas naturale liquefatto GNL e di gasdotti da fornitori non russi, maggiori volumi di produzione e importazioni di biometano e idrogeno rinnovabile, infine, ridurre più velocemente l'uso di combustibili fossili nel sistema energetico europeo, aumentando l'efficienza energetica, l’uso delle energie rinnovabili e l'elettrificazione. Questa misura si aggiunge alla strategia europea dell’idrogeno, una misura che vede 470 miliardi di euro di investimenti nella filiera, con l’obiettivo di consumare 10 milioni di tonnellate di idrogeno entro il 2030. RepowerEU ha aumentato l’obiettivo principale portandolo a 15 milioni di tonnellate. L’intento è ambizioso ma non è ancora chiaro come la Commissione intenda raggiungerlo, bisognerà attendere il piano a corredo della strategia RepowerEU previsto per metà maggio. 

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Unione Europea